L’università di Trieste verso il 2020

Manifesto Programmatico di Maurizio Fermeglia

Il giorno 6 giugno è stato reso noto il risultato delle elezioni : Maurizio Fermeglia 54%, Lorenza Rega 46%. Pertanto Maurizio Fermeglia sarà il nuovo Rettore dell'Università di Trieste dal 2013 al 2019. Un sentito ringraziamento a tutti quelli che mi hanno supportato.

Programma dettagliato

Noi tutti siamo parte di un’Istituzione di fondamentale importanza per lo sviluppo scientifico e tecnologico, per la crescita culturale e sociale, per la promozione della condizione economica e per la vita democratica di un Paese avanzato come l’Italia. E non vi è dubbio che, fra le istituzioni universitarie, il nostro Ateneo occupi, per capacità di produrre nuova ed eccellente conoscenza e per dimensione, un ruolo eminente nel Paese. 

Queste circostanze impongono a chi si candidi alla guida dell’Ateneo una profonda riflessione sulle sue prospettive di ricerca e didattiche e sulle specificità delle esigenze sia della sua conduzione amministrativa che della gestione di strutture ed infrastrutture. Al contempo, queste stesse circostanze richiedono una attenta considerazione della condizione economico-finanziaria in cui il nuovo Rettore si troverà ad operare e l’assunzione di piena consapevolezza dei limiti imposti sia dalla condizione locale che da quella complessiva in cui versa il Paese. In tale spirito, ritengo che tra i principi fondamentali su cui debba fondarsi l’opera del Rettore nell’immediato futuro vi siano la consapevolezza dello status quo, del ruolo e del rispetto dell’Istituzione, e dell’assunzione individuale di responsabilità da parte di tutti gli attori della vita accademica.

È in questa prospettiva che ritengo opportuno presentarvi brevemente i punti fondamentali del mio programma di candidato alla guida del nostro Ateneo.

Il sistema di autogoverno ed il ruolo dei dipartimenti.

Lo statuto della nostra Università prevede un delicato equilibrio fra funzioni deliberanti e funzioni di elaborazione scientifica, didattica e programmatica attribuite ai diversi organi dell’Ateneo.

Nel rispetto delle norme e delle prerogative degli organi, è mia intenzione operare in modo da valorizzare il ruolo di organo di indirizzo del Senato Accademico. A tal scopo, intendo favorire uno stretto rapporto dialettico tra il Senato Accademico ed il principale organo deliberante, il Consiglio di Amministrazione, che ha funzioni di indirizzo strategico e che deve assicurare la sostenibilità economico-finanziaria delle attività. Per garantire un buon funzionamento dell’organizzazione ed evitare pericolosi scollamenti, gli organi di vertice devono attuare attente azioni di ascolto e di confronto costruttivo con tutte le componenti dell’Ateneo stesso  – corpo docente, ripartizione tecnico-amministrativa, studenti e rappresentanze sociali – ed in particolare con i dipartimenti.

Ai dipartimenti la recente riforma ha assegnato un ruolo essenziale e la loro ridefinizione, sia nei ruoli che nella composizione costituisce, oltre il frutto di un intenso lavoro, una grande opportunità. Nei dipartimenti risiede, infatti, il cuore della conoscenza e della progettualità sulle questioni più specifiche inerenti didattica e ricerca nei diversi ambiti disciplinari. Ad essi quindi devono essere garantite autonomia gestionale e decisionale, nel rispetto delle norme statutarie. Nel contempo, però, vanno altresì imposte attente procedure di valutazione periodica della qualità della ricerca e dei servizi didattici offerti da parte di appositi organi dell’Ateneo.

E’ importante a proposito richiamare il fatto che i dipartimenti devono predisporre i propri piani di sviluppo in coerenza con un documento programmatico triennale e che, sulla base di tale documento, formulano motivate richieste di personale docente e tecnico/amministrativo direttamente al Consiglio di Amministrazione. Sulla base di tali atti il Rettore, in base all’articolo 8 comma b dello statuto in vigore propone quindi il documento di programmazione strategica triennale di Ateneo. E’ mia intenzione tenere in massima considerazione i piani di sviluppo elaborati dai singoli dipartimenti come un’insostituibile fonte di progettualità culturale e scientifica nella predisposizione del documento generale di programmazione triennale. Nella preparazione di tale documento fondamentale, il Rettore deve tener conto inoltre delle proposte e dei pareri formulati dal Senato Accademico che, grazie alla sua composizione che rappresenta la completa articolazione disciplinare dell’Ateneo, diviene un organo essenziale per l’elaborazione della sua strategia di sviluppo. Tutto il processo descritto a mio avviso deve inoltre essere accompagnato da una dettagliata informazione su tutti gli aspetti finanziari, scientifici e culturali dell’Ateneo, ed è quindi fatto imprescindibile che il Rettore garantisca un’effettiva e tempestiva diffusione di tutti i dati utili.

Il bilancio dell’Ateneo.

La nostra Università deve poter garantire un bilancio che rispetti i vincoli di legge anche alla mesta luce della situazione attuale, delle grigie prospettive future e dei preoccupanti segnali di ulteriori riduzioni delle risorse. Come tutti gli Atenei italiani, anche il nostro ha un bilancio articolato e complesso: escludendo fonti di finanziamenti esterne (finalizzate a progetti definiti) o altri trasferimenti dallo Stato (finalizzati anch’essi), le entrate attualmente ammontano a circa a 120 M€ (di cui 98 M€ di finanziamento statale e 22 M€ di contribuzione studentesca, fonte bilancio preventivo 2013). Di questa somma, 92 M€ sono destinati a ineludibili spese obbligatorie, ovvero stipendio del personale e funzionamento delle strutture.

La differenza tra entrate e spese obbligatorie (circa 28 M€), costituisce il margine con cui finanziare le attività non obbligatorie che tuttavia – a dispetto del nome - rappresentano la parte essenziale della funzione della nostra istituzione: contributo alla ricerca, borse di dottorato, assegni di ricerca, funzionamento del sistema bibliotecario, potenziamento degli strumenti ausiliari alla didattica, e altre attività correlate. Il rischio di una contrazione generale delle risorse potrebbe quindi tradursi in un assottigliamento dell’investimento in queste attività. Ritengo quindi fortemente necessaria una attenta politica di bilancio che preveda:

  • La riconsiderazione della distribuzione degli spazi, tenendo conto della progressiva riduzione dell’organico del personale, finalizzata principalmente al riequilibro del loro uso, alla razionalizzazione ed al risparmio sui canoni d’affitto e sulle spese per beni e servizi; 
  • Un’attenta allocazione delle risorse finanziarie che si renderanno disponibili a seguito di fine attività lavorativa del personale;
  • La divulgazione e la promozione delle occasioni di accesso a finanziamenti da parte di enti terzi anche mediante incentivazione alla formulazione di richieste di finanziamento, al potenziamento degli uffici per i servizi alla ricerca ed all’istituzione di un sistema per la determinazione della percentuale di successo nell’ottenimento di tali finanziamenti esterni.

Il contributo della componente studentesca è un pilastro fondamentale del bilancio dell’Ateneo: una sua sostanziale contrazione come conseguenza, ad esempio, di drastiche politiche di accesso programmato, ne metterebbe a dura prova la stabilità economica, qualora non la compromettesse del tutto. Il panorama Ministeriale al proposito è arido: infatti, la quota che il MIUR riserva agli atenei virtuosi quale premio è marginale se pensata come risorsa per arginare una eventuale riduzione delle entrate ascrivibili alle quote studenti. Non è inoltre ragionevolmente ipotizzabile che il MIUR, nel prossimo futuro, disponga di risorse sufficienti ad incrementare tale quota premiale nonostante essa sia alla portata del nostro Ateneo vista la sua collocazione ai vertici nel panorama culturale e scientifico nazionale E’ quindi necessario potenziare fortemente le capacità dei dipartimenti e di tutto il nostro Ateneo di attrarre fondi da parte di finanziatori pubblici e privati sul territorio locale, nazionale e a livello internazionale.

Politiche per la ricerca e valorizzazione del ruolo dei dipartimenti.

 Dalle pagine precedenti avete avuto modo di capire quale sia, secondo me, il ruolo dell’Università in una società contemporanea e avanzata. L’Ateneo è il principale luogo della produzione e della diffusione alla società delle conoscenze e della loro elaborazione culturale ed applicativa. Il progresso del nostro paese e dell’Europa deve passare attraverso questa considerazione, della quale sono fortemente consapevole. L’Università deve coltivare con continuità e convinzione quei settori di studio e ricerca strategici ed innovativi ed essere al contempo attenta alla conduzione di linee di studi e ricerca di base o più esplicitamente finalizzati agli aspetti applicativi in tutti i settori.

La politica nazionale ed europea dei finanziamenti alla ricerca è sempre più orientata a focalizzare gli investimenti in ambiti disciplinari specifici e a premiare aggregazioni di ricercatori di cospicue dimensioni, impegnati su temi ritenuti in qualche modo strategici. Questo fatto, inevitabilmente, impedisce o limita l’accesso ad un elevato numero di validissimi ricercatori a fonti di finanziamento adeguate e continue nel tempo.

Il nostro paese, ed in particolare il territorio in cui operiamo, è caratterizzato da scarsi investimenti statali in cultura ed in ricerca scientifica; lo stesso dicasi per i finanziamenti da enti privati e da fondi industriali, essendo l’Italia una economia caratterizzata principalmente da piccole e medie imprese che in generale poco credono (e di conseguenza poco investono) nella ricerca e sviluppo. Lo scarso investimento privato in ricerca produce una distorsione che ineluttabilmente si riverbera anche sulla ricerca di base, compressa quindi a livelli minimali. Così non avviene invece in altri paesi, in cui la componente industriale finanzia pesantemente la ricerca Universitaria applicata liberando così risorse che possono essere impiegate per sostenere una ricerca di tipo fondamentale.

Posto che la diversità e la ricchezza di conoscenza costituiscono i migliori presupposti al progresso, l’Università di Trieste deve perseguire e adottare politiche lungimiranti che, soprattutto in merito al reclutamento e all’attribuzione di risorse interne, prevedano interventi volti a:

  • difendere la sua ricchezza multidisciplinare mediante un supporto diretto a quei settori che, pur definiti arbitrariamente non strategici, siano tuttavia giudicati eccellenti e produttivi dai meccanismi di valutazione interna. Tali valutazioni devono quindi fondarsi su criteri che prescindono dall’indotto finanziario che tali settori generano, dal momento che tutte le discipline, se coltivate in modo proficuo e secondo canoni di alta o eccellente qualità, hanno pari dignità;

  • stimolare la capacità di raccolta di fondi da parte di finanziatori pubblici e privati; ·        

  • condurre azioni di reclutamento capaci di mantenere un’offerta didattica ed una produzione culturale e scientifica di alto livello.

Per queste finalità, considero strumenti principali l’aumento del fondo di ricerca di Ateneo (FRA), il sostegno diretto all’infrastruttura scientifica, il sostegno al Sistema Bibliotecario d’Ateneo, le iniziative di stimolo alla raccolta di fondi esterni mediante assistenza nella redazione di progetti e attività di interlocuzione con i principali enti finanziatori nazionali e sovranazionali, ed una efficiente ed accurata gestione dei fondi per assegni di ricerca e borse di dottorato. Di fondamentale importanza per l’attuazione di queste politiche è il ruolo della Commissione Valutazione della Ricerca (CVR), che bene ha svolto i suoi lavori in indipendenza e serietà e che deve continuare a farlo, fornendo agli organi di governo elementi essenziali per potere operare scelte strategiche conseguenti all’individuazione dell’eccellenza. Correttamente ed in linea con la filosofia adottata dalla CVR, l’identificazione dell’eccellenza è un processo che può avvenire intrinsecamente solo entro ambiti disciplinari definiti e non mediante il confronto diretto fra aree culturali scientifiche eterogenee; questo perché i meriti che in ciascuna area possono maturare possono essere reciprocamente incommensurabili. È essenziale dunque che i risultati della valutazione della ricerca, i criteri e gli indicatori utilizzati nel processo stesso di valutazione siano oggetto di continua analisi e discussione da parte di tutta la nostra comunità, e dei dipartimenti in particolare. Ciò permetterà alla CVR, pur nella totale autonomia del suo mandato, di beneficiare dell’apporto delle idee dell’intera comunità per affinare i suoi strumenti e renderli sempre più coerenti con i piani strategici dell’Ateneo.

Allo scopo, è mia intenzione lavorare in modo specifico sulle seguenti tematiche:

Supportare la ricerca in Ateneo classificandola in base ai tre settori dell’European Research Council (ERC): scienze umane e sociali, scienze mediche e della salute e scienze fisiche ed ingegneristiche. Le strategie di sviluppo saranno studiate in modo diversificato nei tre settori.

  • Puntare sui dottorati di ricerca, potenziando anche il supporto amministrativo ai dottorati e soprattutto attivando, dove necessario, consorzi e convenzioni con enti esterni pubblici e privati, per garantirne continuità e stabilità. Tali dottorati, tuttavia, dovranno soddisfare i requisiti di alta qualità e riuscire a formare giovani studiosi con marcata propensione allo sviluppo della cultura e all’avanzamento della ricerca scientifica.

  • Potenziare gli uffici amministrativi che si occupano di ricerca, con particolare riguardo alle problematiche di rendicontazione e di predisposizione di progetti. Come già accennato in proposito, ritengo strategica l’attivazione di un sistema di individuazione delle opportunità di finanziamento di progetti mappandole sulle competenze interne e quindi facilitare la scrittura e la predisposizione di progetti di ricerca. Questo sistema potrebbe essere finanziato con i costi indiretti dei progetti stessi.

  •  Migliorare l’utilizzabilità dell’archivio dei prodotti della ricerca di Ateneo, attivando inoltre una politica di pubblicazione in accesso aperto per facilitare il più possibile la divulgazione dei risultati della ricerca.

Politiche per la didattica e rapporti con gli studenti.

La formazione superiore, coniugata alla ricerca scientifica, è l’essenza del ruolo dell’Università nella società; tuttavia, le condizioni che la nostra situazione politico-economica ci impone tendono a deviare l’Università dalla sua missione. Il nostro Paese, ed in particolare il nostro territorio, sono caratterizzati da scarsi investimenti pubblici e privati in cultura e ricerca scientifica, tendono ad impiegare un basso numero di laureati (inferiore di un fattore 3 rispetto alle aziende europee e dei paesi industrialmente sviluppati).

Il corpo docente del nostro Ateneo deve resistere alla tentazione di adeguare verso il basso le sue modalità didattiche e non deve piegarsi a quelle richieste di corto respiro che pretendono che l’Università spinga a limiti inaccettabili la professionalizzazione dei corsi facendosi carico, in tal modo, di attività formative che non le competono. La nostra attività di formazione deve essere in grado di trasmettere un’ampia dote di conoscenze fondamentali in modo che i giovani, sulla scorta di tale dote, siano capaci di ampie sintesi e di vera innovazione mediante un processo culturale di integrazione di conoscenze.

Un adeguamento ed un miglioramento sono certamente possibili e doverosi, ma nel farlo dobbiamo sempre partire da questa premessa. Dobbiamo rivolgere agli studenti l’invito ad una maggiore consapevolezza del ruolo che essi devono avere nella crescita della società e chiedere loro di contribuire, pur nella diversità dei ruoli e nella pluralità di visioni e opinioni, alla definizione del progetto didattico. Sono certo che tale maggiore consapevolezza e maggiore coinvolgimento si tradurranno in una più grande motivazione nell’affrontare gli studi. Questo fatto, a sua volta, renderebbe più semplice ed immediata la risoluzione di parte dei nostri problemi.

Per quanto compete ai docenti, occorre informare gli studenti - con entusiasmo ma al contempo con realismo - sulle molteplici opportunità che il nostro Ateneo può offrire grazie alla qualità delle numerose attività di ricerca, con collaborazioni nazionali e internazionali, nelle quali siamo tutti quotidianamente impegnati. 

Da un punto di vista tecnico il compito più complesso che dovremo intraprendere fra breve è la procedura di accreditamento dei nostri corsi di studio nell’ambito del processo di Autovalutazione, Valutazione periodica, e Accreditamento (AVA) introdotto dalla legge 240/2010. In questo processo è previsto un ruolo importante delle commissioni paritetiche docenti-studenti. È fondamentale perciò valorizzare il ruolo di queste commissioni per ottenere un duplice risultato: avere importanti indicazioni dagli studenti per il miglioramento dei corsi di studio e allo stesso tempo far sì che gli studenti siano parte attiva e diligente nell’elaborazione delle strategie e nell’individuazione degli interventi. Una forte motivazione degli studenti, frutto della consapevolezza degli obbiettivi e delle poste in gioco, può essere uno dei fattori chiave per rapidi e consistenti miglioramenti.

Una buona didattica si ottiene anche quando le attività sono svolte in ambienti decorosi e stimolanti. In questo settore c’è ampio spazio di miglioramento nel nostro Ateneo, ed è mia intenzione lanciare un piano di adeguamento delle infrastrutture didattiche (aule, laboratori, copertura Internet, spazi di studio e di discussione, spazi aperti,…) sia in termini di quantità che di qualità. Intendo anche potenziare il supporto didattico remoto, non per sostituire la indispensabile interazione de visu tra studente e docente e soprattutto tra studente e studente, ma con lo scopo di facilitare e di integrare la trasmissione del sapere tramite modalità innovative.

L’attuale Rettorato ha dimostrato una forte sensibilità alle esigenze degli studenti ed ha saputo stabilire e mantenere aperto un canale di dialogo continuo con il consiglio degli studenti. Ritengo che si debba continuare su questa strada, estendendo il dialogo anche con la componente afferente al settore dei dottorandi di ricerca, in modo da avere un confronto con tutta la popolazione studentesca. Per quanto attiene alle azioni concrete, oltra alla già citata azione di miglioramento delle infrastrutture didattiche ed al potenziamento dei supporti informatici per l’insegnamento a distanza in modalità mix, ritengo sarà necessario rendere partecipi gli studenti ai processi di valutazione della qualità della didattica e dei servizi erogati. Inoltre, è mia intenzione avere un occhio di riguardo all’evoluzione dei rapporti con l’ente per il diritto allo studio, per far sentire in quella sede le esigenze dell’Ateneo ed in particolare della popolazione studentesca.

Infine, in merito alla politica dell’internazionalizzazione della nostra Università, intendo promuovere la attrattività dell’Ateneo nei confronti di studenti stranieri sostenendo un’offerta formativa in lingua inglese nei settori in cui ciò risulta possibile ed utile, migliorando e potenziando il supporto amministrativo al processo di internalizzazione e, non ultimo e con la collaborazione di tutti voi, mantenendo sempre alta la posizione di qualità dell’Ateneo triestino a livello non solo nazionale ma mondiale.

In quest’ottica sarà anche necessario continuare il dialogo tra le università della regione Friuli Venezia Giulia al fine di coordinare l’attività didattica ed evitare estese sovrapposizioni dell’offerta formativa, estendendo possibilità di collaborazione ad aree più vaste, anche estere, ma senza logiche di sudditanza. L’obbiettivo da tenere sempre ben presente nello stabilire questi rapporti è di condurre l’Università di Trieste a divenire una Research University. In questo dialogo inter università argomento da non trascurare sarà la gestione e la conduzione dei dottorati di ricerca, ai quali il nostro Ateneo non può rinunciare in quanto fonte indispensabile e strategica di sviluppo e progresso.

Amministrazione e politiche per il personale

L’università è caratterizzata da due ambienti che devono lavorare in sinergia per ottenere i risultati voluti: una parte politica - responsabile delle scelte strategiche in ricerca, didattica e trasferimento del sapere verso la società - e una parte amministrativa, che ha il compito di gestire la vita e il funzionamento dell’intero apparato Universitario. Il personale tecnico amministrativo svolge un ruolo cruciale a supporto della didattica e della ricerca, a fronte di ciò sconta un contratto nazionale mortificante sia per trattamento economico che per la sostanziale assenza di incentivi alla produttività. Sono convinto che si debbono attuare tutte le misure possibili per favorire la motivazione e l’immedesimazione della categoria con i destini del nostro Ateneo, fornendo pari opportunità di formazione e carriera per tutti e valorizzando i comportamenti virtuosi. Dal punto di vista economico sarebbe necessario reperire risorse per il fondo sociale e rivedere le modalità di suddivisione dei proventi del conto terzi. Anche le modalità di elezione del Rettore dovrebbero essere discusse ed eventualmente riviste.

Sono fortemente convinto che si debba instaurare uno spirito di forte collaborazione tra i due ambienti, basato sull’attento rispetto reciproco per quelle che sono le funzioni di entrambi. Le recenti leggi ed il nuovo statuto dell’Ateneo indicano chiaramente l’importanza che riveste il ruolo del Direttore Generale. Quindi, gran parte delle aspettative di buon funzionamento dell’Ateneo sono legate alla persona che ricoprirà tale ruolo. Personalmente, ritengo che i vincoli che la legge pone sulla scelta di tale figura (qualifica di dirigente di un ente pubblico) siano garanzia di qualità, anche qualora la persona chiamata ad occupare la carica di Direttore Generale provenga da un ente non universitario. Ritengo doti strategiche a ricoprire tal ruolo la capacità di relazionarsi con i collaboratori e l’abilità di risolvere i problemi senza appesantire la già mastodontica burocratizzazione imposta dallo stato. Queste qualità, accomunate ad un bagaglio di conoscenze e strumenti professionali in ambito giuridico, economico ed organizzativo contribuiscono a definire un profilo ottimale per rivestire questa fondamentale carica universitaria.

 È mia ferma volontà volgere la mia azione di governo ad un aumento della qualità ed efficienza dell’azione amministrativa, e di operare risparmi mediante la razionalizzazione e la revisione delle differenti attività dell’Ateneo. Nel periodo in cui ho ricoperto il ruolo di Direttore di dipartimento e di Presidente del Consiglio delle strutture scientifiche (CSS) ho avuto modo di assistere a discussioni critiche che vedevano l’Amministrazione centrale in contrapposizione ai dipartimenti. Ho pertanto maturato la convinzione che alla base di molti dei problemi che emergono spesso ci sia, in realtà, una scarsa conoscenza reciproca che è fondamentale superare. Una maggiore collaborazione e l’istituzione di commissioni e tavoli tecnici a partecipazione mista possono contribuire significativamente a ridurre questo distacco scongiurando la formazione di blocchi contrapposti. L’applicazione dei nuovi regolamenti attuativi derivanti dall’entrata in vigore del nuovo statuto, di alcuni dei quali ho contributo alla stesura, sarà un ottimo banco di prova per verificarne, tutti assieme, la validità ed intraprendere le eventuali azioni correttive.

A parere mio, poco utili sono quelle ristrutturazioni e riorganizzazioni degli uffici basate su mero spostamento di personale e creazione o modifiche di denominazioni, se questo alla fine non si traduce nell’auspicato miglioramento dell’efficacia e della efficienza dell’azione amministrativa. Ritengo invece necessario portare a termine la mappatura di tutti i processi e tenere la stessa continuamente aggiornata, al fine di poter formulare degli indicatori di efficienza affidabili su quei processi ritenuti cruciali (immatricolazione di studenti, attivazione di assegno di ricerca, l’acquisizione di un bene a seconda della tipologia, ecc.). In altre parole, ritengo necessario rivedere le singole procedure, informatizzando al più possibile i processi che si prestano anche attraverso l’uso massivo della firma digitale, riducendo così al minimo le situazioni in cui tutti indistintamente, personale docente e tecnico-amministrativo, sprecano il loro tempo in operazioni al limite dell’utilità, come la ri-digitazione di documenti cartacei.

La situazione attuale non ci permette di poter espandere il personale; quindi, dobbiamo obbligatoriamente contare sulle risorse interne e sul potenziamento e la riorganizzazione del servizi informatici dell’Ateneo, ponendo una particolare attenzione al problema della comunicazione fra strutture. Un recente tavolo tecnico ha evidenziato i seguenti aspetti critici sui quali non solo è doveroso ma è anche necessario intervenire:

  • la dispersione delle competenze;

  • i fenomeni di ridondanza ed i problemi di integrazione delle varie parti dell’attuale sistema informativo;

  • l’assenza di copertura da parte dell'attuale sistema informatico di alcuni processi nei dipartimenti;

  • una adeguata formazione degli utenti delle diverse strutture anche volta ad un uso efficace degli strumenti informatici per uso ufficio;

  •  l’individuazione di strumenti semplici per la creazione di modulistica in rete, integrata con le basi di dati per evitare fastidiose duplicazioni, che dovrebbe alla fine sostituire tutta la modulistica cartacea;

  • l’utilizzo del servizio di direttorio di Ateneo, al fine di evitare ripetute richieste di stessi dati peraltro già disponibili all’amministrazione ma non accessibili in quel momento all’ufficio o persona che ne fa richiesta;

  •  l’estensione dell’uso corrente della firma digitale nella gestione documentale.

Il sistema di responsabilizzazione basato sulle competenze e misurato con indicatori di efficienza implica inevitabilmente la necessità di formazione del personale, che ritengo una degli elementi fondamentali del progresso del nostro Ateneo. I corsi di formazione devono essere continui e mirati agli argomenti ritenuti importanti dagli utenti stessi. Ritengo inoltre doveroso riconoscere la crescita professionale basata sulla formazione attraverso le opportune progressioni di carriera, con un distinguo però tra la formazione fatta con uno spirito vero di crescita professionale e quella svolta ai meri fini di una progressione economica. E’ inoltre necessario porre molta attenzione a creare processi di crescita che promuovano le pari opportunità.

La riorganizzazione dei dipartimenti e dei centri servizi didattici hanno certamente generato una necessità di mobilità interna. Questa dovrà essere discussa con le organizzazioni sindacali, sempre nell’ottica delle pari opportunità al personale coinvolto. Dovrà inoltre essere programmata con largo anticipo, in modo da generare un quadro complessivo delle mobilità necessarie, e da poter rendere pubbliche in modo esteso tutte le fasi del processo. Ove necessario, verrà sostenuto e garantito l’accesso a corsi di formazione e aggiornamento. Anche il tema della retribuzione integrativa è delicato e va affrontato, nella speranza che la legislazione in materia, in questi tempi fumosa, apra a questa possibilità. In tal caso, intenderei garantire una retribuzione integrativa allorché un impegno particolare del personale consenta all’Ateneo di operare risparmi o di conseguire risultati che aumentano gli indicatori di prestazione complessiva dell’Ateneo.

In campo edilizio mi prefiggo l’obiettivo di portare a termine i progetti in corso e di porre estrema attenzione agli investimenti futuri, impostando le scelte nella direzione di una riduzione/eliminazione del pagamento di affitti non strettamente necessari, prevedendo anche la possibilità di alienare edifici i cui costi di ristrutturazione e/o manutenzione si rivelassero anti- economici. E’ mia intenzione anche porre un occhio di riguardo ad iniziative volte all’utilizzo di fonti di energie rinnovabili ed al risparmio energetico, nonché alla ristrutturazione delle centrali termiche indirizzandole verso un utilizzo di fonti energetiche meno costose ed a più basso impatto ambientale.

L’azione intrapresa negli ultimi anni riguardo ai temi importanti della sicurezza nei laboratori ed alla gestione dei rifiuti deve non solo continuare ma deve essere incentivata, poiché siamo ancora lontani dagli standard di sicurezza e di gestione dei laboratori di altri paesi europei. Abbiamo ampio spazio di miglioramento nella gestione dei laboratori, dei depositi di reagenti e di materiali, nella gestione degli scarti e dei rifiuti, e nella manutenzione ordinaria.

Reclutamento del personale docente.

Ritengo che un qualunque modello per il reclutamento del personale docente da utilizzare nei prossimi anni non possa prescindere dall’attuale situazione economica e finanziaria e dalle novità normative sopravvenute. In particolare, mi riferisco alla messa ad esaurimento del ruolo di Ricercatore Universitario (RU) e all’istituzione delle figure di Ricercatore a Tempo Determinato (RTD) di tipo A e di tipo B. Ricordo che le posizioni RTD di tipo A richiedono copertura finanziaria solo per gli anni previsti  - tipicamente 3 - mentre le  posizioni RTD di tipo B richiedono una copertura finanziaria che trovi riscontro nel fondo di funzionamento ordinario (FFO), in modo da potere essere eventualmente trasformate in posizioni a tempo indeterminato - tipicamente con la qualifica di professore associato. Inoltre, la normativa vigente impone una serie di vincoli imprescindibili. Infine, i provvedimenti approvati nella cosiddetta spending review riducono ulteriormente la possibilità di utilizzo del turn-over.

Alla luce di queste considerazioni, credo che dovremo riconsiderare le esigenze delle nostre attività di ricerca e didattiche, ed iniziare la revisione della nostra offerta formativa attraverso una modalità del calcolo del carico didattico basato su un’equa ripartizione dello stesso, anche alla luce delle nuove normative in materia di requisiti per l’accreditamento. Ciò non solo per rendere il tutto compatibile e sostenibile con la docenza che avremo in forza nei prossimi anni, ma anche per prevedere con cognizione le azioni di reclutamento indispensabili per garantire il funzionamento di tutte le nostre attività.

Dobbiamo tenere debito conto che la figura del RTD non risolve tutti i problemi legati ai requisiti minimi ed alla paucità di docenti. E’ mia opinione che non si possa abusare di questo ruolo: i ricercatori TD, infatti, devono essere produttivi per giustificare l’investimento da parte dell’Ateneo e dunque devono innanzitutto - lo sottolinea il termine stesso - fare ricerca. Pertanto è prioritario mantenere basso il carico didattico dei ricercatori e utilizzare il loro contributo prevalentemente nei corsi di tipo specialistico. E’ così necessario prevedere un rapporto adeguato tra RTD e docenti a tempo indeterminato e basare le scelte di gestione dei punti organico su questo rapporto. Nella scelta della destinazione dei punti organico sarà non solo indispensabile ma anche doveroso tenere conto dei risultati delle varie tornate delle procedure di valutazione per l’abilitazione nazionale sia per il passaggio ad professore associato che ordinario. Le scelte saranno fatte tendo prioritariamente conto del raggiungimento di una struttura piramidale nella distribuzione dei ruoli in Ateneo e nei singoli settori.

Infine, è mia intenzione mantenere una forte azione di controllo e verifica dello svolgimento dei concorsi per l’assunzione di personale di ogni qualifica a livello locale per garantire prioritariamente la messa in ruolo di personale che possa contribuire al miglioramento del nostro Ateneo facendo riferimento agli standard internazionali ed europei, oltre che a quelli nazionali.

 Rapporti con l’esterno e trasferimento tecnologico

Una strutturazione delle attività culturali e scientifiche dell’Ateneo secondo i tre settori ERC fondamentali permetterà anche di stabilire strategie diverse di rapporti con l’esterno nei singoli settori. Così, ad esempio, in particolare, nel settore PE una strategia vincente per rinforzarne ulteriormente le attività di ricerca a livello locale potrà risiedere nello stabilire alleanze con il cosiddetto Sistema Trieste della ricerca scientifica. Nel settore ERC che fa riferimento al campo medico, sono certo che molti degli enti del Sistema Trieste sono interessati ad una più intensa collaborazione con l’Ateneo, che potrebbe essere anche estesa ad enti fuori provincia (CRO Aviano, Istituto tumori Milano,….). La stessa prospettiva di integrazione sinergica, soprattutto in questi tempi di vistosi tagli alla cultura, vale per quanto riguarda la ricerca e la divulgazione nei settori umanistici, e dunque farò in modo di integrare ed ampliare collaborazioni con istituti di cultura, musei, teatri, e altre realtà operative sul territorio.

Allo scopo, prevedo la formalizzazione di convenzioni per azioni congiunte di ricerca e di didattica volte al miglioramento degli indicatori dell’ateneo a livello internazionale.

Per tutti i settori, nonostante le strategie verso il Sistema Trieste possono offrire ancora numerose opportunità, sarà necessario attivare rapporti produttivi con l’Ateneo di Udine e con gli enti scientifici, culturali e sociali della Regione Friuli Venezia Giulia.

In tema di rapporti con l’esterno, è mia intenzione instaurare buoni rapporti con i Ministeri di riferimento. Questo sarà fatto sia attraverso una attenta partecipazione all’interno della CRUI, che cercando di entrare in relazione con funzionari dei Ministeri per stabilire, se possibile, dei rapporti diretti da utilizzare come canale informativo privilegiato.

Ritengo sia importante che i vertici della struttura organizzativa universitaria del nostro Paese siano attenti alle esigenze dei grandi Atenei, ma non per questo dimentichino le problematiche della periferia con i loro problemi e le loro aspettative. Ritengo che i rapporti con la città e la provincia debbano meritino una particolare attenzione. E’ mia intenzione definire un delegato per i rapporti con la città che dovrà stabilire concreti e duratori rapporti con le istituzioni ed associazioni del territorio per avvicinare l’Università alla città e superare quei 100 metri di altitudine tra piazzale Europa ed il mare che spesso nel passato sono sembrati molti di più.

Per quanto riguarda il trasferimento tecnologico, i risultati ottenuti nel passato sono buoni considerando il livello di risorse investito. Si tratta di continuare l’azione, potenziando il supporto amministrativo nella direzione tracciata, dialogando con i tanti incubatori presenti sul territorio per stabilire convenzioni che favoriscano la nascita di spin-off da parte dell’Ateneo. Qualche settimana fa il Sole 24 ore titolava: “Nei laboratori triestini poco spazio per le PMI … alta concentrazione di cervelli, ma carente collegamento con la realtà produttiva”. In realtà, tale affermazione vale per tutto il Sistema Trieste, non solo per l’Università. Quindi, una sinergia tra tutti gli incubatori e uffici di trasferimento tecnologico di vari enti, in primis Area di Ricerca, sarebbe a maggior ragione auspicabile.

Internazionalizzazione

Uno degli elementi più importanti nei prossimi anni su cui confrontarsi sarà inevitabilmente l’internazionalizzazione dell’Università. Nel farlo, però, bisogna stare molto attenti a definire in modo chiaro gli obiettivi che si vogliono raggiungere senza cadere nei tranelli delle mode effimere o, peggio, nelle insidie dettate da provincialismi e sudditanza culturale. Le iniziative che intendo promuovere in questo ambito sono:

  •  aumentare l’attrattività internazionale dei nostri corsi di laurea;

  •  aumentare il livello di integrazione dei nostri corsi di laurea con il sistema formativo europeo, attraverso la stipula di accordi internazionali fra atenei per l’attivazione di corsi di laurea o di dottorato che conferiscano titoli congiunti;

  •  aumentare il numero di ricercatori, assegnisti post-doc e dottorandi stranieri che lavorano nel nostro Ateneo;

  •  potenziare il livello di internazionalizzazione della comunicazione e del supporto amministrativo.

Questi obbiettivi sono di difficile attuazione in quanto il nostro paese non offre le migliori condizioni per l’internazionalizzazione delle sue Università. Diverse sono le motivazioni, molte legate alla cultura ed anche ad alcune decisioni politiche attuate recentemente che vincolano in modo drastico la mobilità di docenti e studenti stranieri non europei. Basti citare le difficoltà relative ai permessi di soggiorno e ai visti, o alla difficoltà di dialogo dovuta alla scarsa conoscenza delle lingue straniere, inclusa purtroppo anche quella inglese.

Il nostro Ateneo, in particolare, ha una fortissima vocazione internazionale, di cui è testimone, fra l’altro, la presenza delle Scuola superiore di lingue moderne per Interpreti e Traduttori e il grande numero di enti di ricerca a carattere prevalentemente internazionale di cui è ricco il territorio. Anche il numero di studenti stranieri in mobilità (azioni Marie Curie ed Erasmus) è adeguato, mentre un altro grosso punto di forza è costituito dall’internazionalizzazione della ricerca di Ateneo, sostenuta dall’alto numero di pubblicazioni di livello internazionale, spesso svolte in collaborazione con ricercatori stranieri.

Investire in questa direzione è fondamentale: solo in tal modo si possono creare i presupposti affinché le azioni proposte poc’anzi siano efficaci.

Va tenuto ben presente che la lingua non è il solo criterio utilizzato dagli studenti stranieri per la scelta della sede universitaria. La qualità dell’università, i servizi che essa offre, la possibilità di supporto finanziario, le politiche di immigrazione del Paese ospitante sono tutti fattori importanti nella scelta. Su alcuni possiamo fare poco, ma su altri possiamo incidere, sempre ricordando che l’obbiettivo è di attrarre studenti di elevata qualità.

Area Medica

L’impatto della riforma 240/2010 sull’area medica merita alcune considerazioni particolari. Oltre all’effetto, comune a tutte le aree, della formulazione delle proposte di chiamata in ruolo di docenti e ricercatori dalle ex-Facoltà ai dipartimenti, la legge riconosce la particolarità dell’area medica, derivante dalla funzione assistenziale, e consente ai dipartimenti del settore di assumere compiti specifici, secondo le modalità e nei limiti concertati con le competenti autorità statali e regionali e nell’ambito delle disposizioni vigenti in materia.

Oltre alle normali funzioni che i dipartimenti sono chiamati a svolgere ed a garantire, il dipartimento dell’area medica ha anche la necessità di coordinare la sua strategia con le direzioni strategiche delle aziende ospedaliero-sanitarie di riferimento. Bisogna dare quindi al dipartimento la possibilità di gestire questa funzione in autonomia. La situazione nel nostro Ateneo è facilitata dalla esistenza di un unico dipartimento che raggruppa tutte le competenze dell’area medica. Questo dipartimento sarà il naturale interlocutore per qualsiasi decisione che l’Ateneo dovrà prendere in ambito medico: sarà esso, dunque, a suggerire le strategia di sviluppo in quell’area che risulta essenziale per il rapporto con la Regione - principale soggetto regolatore dell’attività sanitaria -e con gli ospedali, pubblici e privati, con i quali sono regolarmente stipulati rapporti convenzionali.

Il rapporto con la Regione prevede che l’Università sia l’unico soggetto che può svolgere l’importante funzione di formare i nuovi medici. Questa funzione è regolata da leggi dello Stato che ne assicurano la qualità e l’uniformità su tutto il territorio nazionale. La Regione coordina il sistema sanitario a livello locale amministrando le risorse finanziarie e intervenendo, in particolare, su due aspetti di grande importanza per l’Università:

  • L’assegnazione di responsabilità di vertice assistenziali ai docenti universitari, che devono essere realmente concordate e oggetto di un’attenta programmazione mirata anche alle esigenze didattico-formative e di ricerca. Vale la pena ricordare che le due funzioni citate sono connesse in modo inscindibile dall’attività clinica del docente universitario;

  • La programmazione didattica per quanto riguarda le lauree sanitarie e le scuole di specializzazione.

Si comprende pertanto che la prerogativa esclusiva della formazione propria dell’Università ne fa un interlocutore obbligato nel processo di programmazione come, in effetti, previsto nel protocollo di intesa tra Regione Friuli Venezia Giulia e Università regionale (Atenei di Udine e Trieste), ma non sempre pienamente attuato.

Si tratta però di porre la massima attenzione al pericolo che la riduzione dei nostri organici e il conseguente indebolimento della presenza nelle strutture sanitarie, possano mettere a rischio il controllo dell’Ateneo sulle attività formative di maggiore importanza (scuole di specializzazione in primo luogo) a vantaggio di altri soggetti pubblici o privati. Il nostro Ateneo deve partecipare a pieno titolo alla programmazione sanitaria regionale, in modo da influire su tutte le decisioni che abbiano conseguenze anche solo potenziali sulla nostra attività didattica e di ricerca. Inoltre, la nomina dei Direttori Generali delle aziende ospedaliere identificate come strutture sanitarie principali dei poli presso cui si svolge l’attività didattica deve avvenire d'intesa con il Rettore dell'Università interessata, che a sua volta condivide-concorda con il/i referente/i dell’area medica interessata.

La squadra e le principali deleghe

Colleghi che condividono il programma e che mi aiuteranno a portarlo avanti:

 

Nome

Dipartimento

Settore ERC

Diego Abenante

Scienze Politiche e sociali

SH

Cristina Benussi

Studi umanistici

SH

Paolo Bevilacqua

Ingegneria & Architettura

PE

Mauro Bussani

Scienze Giuridiche, del Linguaggio, dell`Interpretazione e della Traduzione

SH

Giovanni Fraziano

Ingegneria & Architettura

PE-SH

Renato Gennaro

Scienze della Vita

LS

Renata Longo

Fisica

PE

Roberto Scarciglia

Scienze Politiche e sociali

SH

Giorgio Sulligoi

Ingegneria & Architettura

PE

Donata Vianelli

Scienze Economiche, Aziendali, Matematiche e Statistiche

SH

ERC = European Research Council
SH = Scienze sociali ed umanistiche
PE = Scienze fisiche ed ingegneristiche
LS = Scienze della vita

Le principali deleghe:

  • Didattica, politiche per gli studenti, diritto allo studio
  • Orientamento, rapporti col mondo del lavoro, col territorio e l'impresa
  • Edilizia, miglioramento della qualità degli spazi e delle strutture didattiche
  • Ricerca scientifica e tecnologica, finanziamenti dell'Unione europea per la ricerca
  • Comunicazione, pubblicistica e iniziative culturali di Ateneo
  • Innovazione servizi informatici e telematici
  • Internazionalizzazione e relazioni internazionali
  • Istruzione del bilancio e semplificazione amministrativa
  • Promozione pari opportunità, necessità didattiche speciali e disabilità
  • Qualità degli ambienti e delle condizioni di lavoro, salute e sicurezza dei lavoratori